Negli ultimi versi del capitolo 5 di Matteo ci viene ordinato di considerare i nostri nemici come prossimi da amare.

Perché ci si aspetta questo da noi? Quale tipo di nemico ha in mente Gesù? Cosa significa amare una persona la cui ostilità ci minaccia e di cui detestiamo cordialmente il comportamento?

Un primo passo potrebbe essere di supporre che Gesù non si riferisce semplicemente ai sentimenti. In Lc 14:26 è ovvio che Gesù non pretendeva sentimento di odio verso noi stessi e i nostri cari.

Allo stesso modo ci dice di amare i nemici, ad esempio provare amore per il persecutore che ti percuote, non erano messaggi confusi, ma un’indicazione per reagire positivamente. Riguardo al persecutore Gesù dà anche dei suggerimenti concreti:” se ti chiede di camminare con lui un miglio fanne due, se ti percuote porgi l’altra guancia,” il resto è lascito alla nostra immaginazione, ma senza dubbio la risposta cristiana dovrà essere “anomala” ad atteggiamenti o gesti negativi dobbiamo rispondere in modo positivo.

Che vuol dire pregare per i propri nemici? Pregare per loro non può limitarsi ad una richiesta di cambiamento, per lo meno non solo. Non possiamo pregare per i nemici senza riconoscere la nostra comune umanità; siamo tutti creati ad immagine di Dio, dovremmo essere consapevoli che nessun comportamento per quanto aberrante sia, può cambiare questo. Non possiamo pregare con fervore per i nostri nemici senza ricordare a noi stessi che Dio può amarci nonostante tutto, ed è capace di amare incondizionatamente. Poter cambiare il nostro modo di vedere i nostri nemici è il primo passo per sorprenderli con gesti positivi, vincere con la gentilezza.

Pregare e vedere che un nemico si trasforma in un amico, è a volte una trasformazione meravigliosa ma non può essere la condizione necessaria per il nostro amore verso questa persona, non deve essere il motivo della nostra obbedienza. Gesù che è stato messo in croce e ucciso dai nemici, ci chiede di amarli senza aspettare che ci sia un cambiamento

L’amore non è un’arma, una attrezzatura, l’amore autentico non ha altri motivi, il suo scopo è semplicemente quello di recare vantaggio alla persona amata, incurante della risposta.

Il fondamento teologico dell’amore verso i nemici, secondo Matteo e semplice “affinché siate figli del Padre che è nei cieli”, l’evangelista non scrive fallo perché questo è il comandamento! Nella tradizione ebraica, Dio è il pacificatore per eccellenza, amare i nemici significa condividere la riconciliazione di Dio e così manifestare la sua gloria. Se il comandamento può essere una richiesta ardua da applicare, Matteo è ancora più incisivo, “voi dunque siate perfetti così com’è il padre vostro nei cieli”.

Perfetto: assolutamente privo di colpe e difetti, è un invito ad essere imitatori di questo comportamento. La santità di uomini e donne non può essere identica a quella di Dio, ma se siamo fatti a sua immagine e somiglianza, ci è possibile imitare la sua serietà morale.

Essere capaci di amare il nemico, rappresenta un ideale che come credenti dovremmo realizzare, ma allo stesso tempo siamo ancora molto turbati all’idea che dovremmo amare coloro che fanno del male, che sono violenti, che calpestano i diritti umani fino a procurare la morte. L’indignazione per i misfatti e la crudeltà umana non è solo una giusta emozione, ma anche la potenza che sta dietro la nostra giustizia umana. Gesù non si aspetta certo che noi cancelliamo la nostra indignazione e che restiamo indifferenti davanti alla sofferenza.  Gesù non ci chiede di fare concessioni ai prepotenti, ma ci parla di misericordia verso gli altri, Giustizia e Misericordia esprimono la potenza di Dio. La nostra responsabilità è più modesta, dovremmo annunciare a mondo che l’amore di Dio è per tutti nessuno escluso.

(Paola Reggiani)